Marzo è alle porte e con esso inizia a sentirsi l'odore della primavera e della lunga rincorsa per un posto ai play-off, mentre la scorsa domenica si è disputata la finale per l'assegnazione della Coppa Italia in quel di Avellino.
Con un campionato falsato in testa, dove Siena domina incontrastata e si avvia a conquistare il suo quarto scudetto consecutivo, e in coda, dove la squadra di Napoli fa giocare gli Under 19 che con tutta la buona volontà non sono in grado di competere col pur basso livello delle altre squadre, si è sperato che nella Final 8 organizzata in Irpinia ci fosse qualche scossa, qualche sorpresa, che i signori e padroni del basket italiano facessero un passo falso: 30 punti di scarto a Montegranaro, altri 30 a Biella, gusto una decina alla Virtus Bologna in finale, dove quantomeno gli uomini di Lardo hanno retto e portato a casa una sconfitta onorevole, dopo aver eliminato ai quarti la rivelazione dell'anno (Caserta), e in semifinale i padroni di casa.
Non mi avventuro in un commento più approfondito e dettagliato, per il semplice motivo che ho seguito la Coppa Italia con giusto un mezz'orecchio, mentre ero impegnato in altro, per cui qualsiasi analisi che vada oltre la lettura dei tabellini sarebbe infondata e supponente: così evito anche di commentare l'uscita ai quarti dell'Olimpia (contro Avellino), anche perché non c'è molto da dire a riguardo; 4 punti di scarto e una partita brutta (non l'ho vista, ma mi fido di chi invece le ha seguite) che non giustificano il fallimento del secondo obiettivo stagionale.
In effetti la stagione dell'Olimpia fino ad ora non ha portato a grandi risultati: fuori dall'Eurolega al primo turno, con solo 3 vittorie in un girone obiettivamente più abbordabile rispetto allo scorso anno, fuori ai quarti di una coppa Italia conquistata comunque senza troppi patemi, visto che in campionato la squadra di Bucchi è seconda con ben 12 vittorie all'attivo (contro le 9 dello scorso anno) a pari merito con Caserta (vera rivelazione del campionato), vittorie che di certo non sono merito dell'allenatore, che nonostante un anno e mezzo non è ancora riuscito a dare un gioco o un'identità a questa Milano, ma piuttosto merito del maggior talento a disposizione che ha permesso di vincere quelle partite punto a punto che il campionato scorso si sono perse. Comunque nulla è ancora deciso, a parte la sconfitta di domenica prossima contro la Menssana, nella speranza che i giocatori si guardino negli occhi e decidano di giocare a basket come si conviene.
Tutt'altro discorso merita invece l'inizio della Bronze League del ForumOlimpia Team, che giusto ieri sera hanno conquistato una bella vittoria, portandosi così ai piani alti della classifica con 4 vittorie e 2 sconfitte: merito sicuramente delle nuove tenute da gioco, dei nuovi schemi, ma credo soprattutto alla voglia di giocare e divertirsi assieme che ci fa provare a coinvolgere di più i compagni e ad essere più aggressivi in difesa; continuiamo a fare gli stessi errori da entrambe le parti del campo, ma la voglia di giocare ci porta a sopperire le nostre mancanze con energia. Personalmente sono soddisfatto, sto giocando bene nei pochi minuti in cui vado in campo e riesco ad essere utile alla squadra, soprattutto in difesa.
giovedì, febbraio 25, 2010
mercoledì, febbraio 17, 2010
La Nostra Milano: Il Bike Sharing
"Grazie al nuovo servizio BikeMi, nato nel dicembre 2008, i cittadini hanno a disposizione 100 stazioni dove noleggiare 1400 biciclette." Così comincia il paragrafo dedicato al bike sharing, iniziativa che milano ha accolto con un gran sorriso e che sta utilizzando davvero come un alternativo mezzo di trasporto pubblico, e per questo che l'amministrazione è orgogliosa e riporta vari dati sull'uso della bici; bravi ad aver dato un'altra dimensione al trasporto pubblico, bravi ad averla pubblicizzata e spinta a dovere, meno bravi se si va a vedere quello che sul libretto non hanno scritto. Cercando informazioni un po' più dettagliate su come funziona e su come si usa, ho scoperto quella che è una grossa mancanza del progetto Bike Sharing, che è ben evidente ed in neretto: dove sono i 50 Km di piste ciclabili? ma soprattutto alla luce di questo articolo ci saranno mai?
Quello delle piste ciclabili è un problema che la Metropoli Nebbiosa si trascina da decenni, problema che in una città ed in una nazione in cui si è dato un fortissimo sviluppo al trasporto motorizzato non ci si è mai dati la pena di risolverlo, e che la tiene ancora a distanza dal resto dell'Europa, dove invece al trasporto in bici viene dato uno spazio più ampio; basti pensare che una città come Monaco di Baviera sviluppa 350 Km di piste ciclabili... eppure Milano è la prima in Italia per Kilometri sviluppati (mi pare circa un centinaio).
Ad essere onesti, girando per la città, delle nuove piste ciclabili sono state fatte: dall'ingresso del Centro Saini, lungo via corelli e viale Argonne fino a piazza indipendenza, da piazzale Maciachini verso il parco Nord, l'ultima che ho visto (una striscia di vernice gialla e il segno della bici) a costeggiare via Mascheroni nel tratto tra via Pagano e via Pallavicino, quindi non si può dire che il comune non si sia impegnato nella realizzazione di percorsi utilizzabili solo da chi pedala, però è carente nella costruzione di una rete, di un sistema di piste connesse tra di loro che ti permettano di arrivare non dico ovunque, ma almeno di raggiungere i vari quartieri e connetterli tra loro; volendo un embrione di rete si può impostare con poca fatica, prendendo come centro il Parco Sempione (che per tre quarti è circondato da una pista ciclabile), utilizzando come assi le due piste già esistenti, e tracciandone una terza lungo l'asse di corso Sempione, per giungere fino al monte Stella e poi oltre, al Gallaratese e quartieri limitrofi. Finché verranno disegnate e costruite piste che nascono nel nulla, ma soprattutto muoiono nel "nulla" non si riuscirà mai a dare una svolta al trasporto su due ruote
Poi bisognerebbe insegnare ai ciclisti ad utilizzare le piste, ma questo è un altro discorso.
Quello delle piste ciclabili è un problema che la Metropoli Nebbiosa si trascina da decenni, problema che in una città ed in una nazione in cui si è dato un fortissimo sviluppo al trasporto motorizzato non ci si è mai dati la pena di risolverlo, e che la tiene ancora a distanza dal resto dell'Europa, dove invece al trasporto in bici viene dato uno spazio più ampio; basti pensare che una città come Monaco di Baviera sviluppa 350 Km di piste ciclabili... eppure Milano è la prima in Italia per Kilometri sviluppati (mi pare circa un centinaio).
Ad essere onesti, girando per la città, delle nuove piste ciclabili sono state fatte: dall'ingresso del Centro Saini, lungo via corelli e viale Argonne fino a piazza indipendenza, da piazzale Maciachini verso il parco Nord, l'ultima che ho visto (una striscia di vernice gialla e il segno della bici) a costeggiare via Mascheroni nel tratto tra via Pagano e via Pallavicino, quindi non si può dire che il comune non si sia impegnato nella realizzazione di percorsi utilizzabili solo da chi pedala, però è carente nella costruzione di una rete, di un sistema di piste connesse tra di loro che ti permettano di arrivare non dico ovunque, ma almeno di raggiungere i vari quartieri e connetterli tra loro; volendo un embrione di rete si può impostare con poca fatica, prendendo come centro il Parco Sempione (che per tre quarti è circondato da una pista ciclabile), utilizzando come assi le due piste già esistenti, e tracciandone una terza lungo l'asse di corso Sempione, per giungere fino al monte Stella e poi oltre, al Gallaratese e quartieri limitrofi. Finché verranno disegnate e costruite piste che nascono nel nulla, ma soprattutto muoiono nel "nulla" non si riuscirà mai a dare una svolta al trasporto su due ruote
Poi bisognerebbe insegnare ai ciclisti ad utilizzare le piste, ma questo è un altro discorso.
giovedì, febbraio 11, 2010
L'altra parte del cielo
L'anno nuovo, per me, è cominciato con la visione di una storia appassionante e per certi versi unica, la biografia di una donna unica che gli Stati Uniti hanno amato, una donna forte, ricca di personalità e di spirito di avventura, che si è fatta rispettare in un mondo ancora dominato dagli uomini.
Amelia è la storia di Amelia Elhart, la prima donna ad aver sorvolato l'Atlantico in solitaria, l'anima negli anni '30 del volo al femminile, promotrice della parità dei diritti tra piloti e pilotesse; una figura particolare e storica per quello che riguarda l'aviazione, ma è soprattutto una finestra sulla sua vicenda sentimentale, sul su matrimonio e sul contrasto tra essere la donna libera che inanella impresa dietro impresa e una moglie nel ruolo inteso all'epoca. Un film che ho voluto vedere per la mia immensa passione per il volo, gli aerei e quanto riguarda l'aeronautica, ben sapendo di andare a vedere una pellicola impostata per essere una commedia romantica, genere che detesto e che evito per quanto mi sia possibile; ma Amelia è davvero una grande storia che merita un sacrificio del genere.
Grazie alla splendida compagnia in cui ero, ho potuto apprezzare appieno e fino in fondo la bellezza della storia tra Hillary Swank (nella parte di Amelia) e Richard Gere (nella parte del marito), storia che decolla praticamente subito (letteralmente) e che non atterra se non bruscamente a Howland Island, seguendo quella che è stata la vita pubblica e privata di Amelia, in alcuni punti struggente, ammirevole e appassionante; non nascondo che mi sono emozionato, che mi sono fatto trasportare dalla storia, rimanendone estasiato, anche se ho avuto l'impressione che alcune parti siano state un po' tagliate con l'accetta e che il film vero sia più lungo di quanto sia stato passato nelle sale. Un film che merita di essere visto ed acquistato nel momento in cui uscirà in DVD... non da soli. 4 Stelle
mercoledì, febbraio 10, 2010
Na'vi in 3 dimensioni
Durante il periodo di silenzio ho avuto modo di vedere ad apprezzare l'ultima opera di James Cameron, il film che ha tenuto lontano il regista di Titanic per almeno una quindicina d'anni, Avatar: Tanta attesa, molta pubblicità, un trailer veramente ben fatto e convincente e soprattutto l'utilizzo di speciali macchine da ripresa (praticamente dei prototipi) per quella che è la vera "novità" del cinema odierno, ossia la visione tridimensionale.
Tralasciando la trama il cui filo narrativo è in tutto e per tutto un clichè, anche se non uno dei più usati (giusto per fare qualche esempio: Pocahontas, Indio, Soldato blu) quello che colpisce è l'impatto e la forza visiva che Cameron mette nel film, roba da lasciarti con la bocca aperta e tenerti incollato alla poltrona per le oltre 2 ore che dura la proiezione; cosa che in 3D si nota molto di più, soprattutto perché gli effetti tridimensionali sono stati usati per le piccole cose, che quasi non si notano: le foglie spostate dal vento, la cenere che cade, alcuni effetti di profondità in certi dialoghi sono realizzati con tale cura da non risultare a meno di concentrarsi. Però mi domando: per ottenere la stessa qualità visiva era davvero necessaria la realizzazione degli effetti in 3 dimensioni?
La visione in 3D non è proprio una novità: ci avevano già provato con Lo Squalo 3-D, nei lontani anni '80 (sigh), ma per parecchio tempo era stato accantonato tutto; Ora, dato che di storie originali se ne vedono sempre meno, che sempre più spesso si traducono in film libri di (dubbio) successo, fumetti, videogiochi, che l'unico impulso davvero creativo viene dalle grandi case di animazione (digitale e non), per portare nuovamente la gente al cinema si è ripreso in mano quella tecnologia che 25 anni fa sembrava fantascienza; ma la mia impressione è che si possono ottenere gli stessi risultati senza necessariamente ricorrere al tridimensionale e Avatar, visto sia in maniera classica che con gli occhialoni, mi ha dato una dimostrazione tangibile del mio pensiero.
Una nota a parte la meritano Sigourney Weaver, sempre splendida e bravissima, Sam Worthington (nelle sue parti da umano), e Stephen Lang (il colonnello) per la grande profondità nell'interpretazione.
Nonostante la doppia visione, Avatar raggiunge soltanto le 3 Stelle.
Tralasciando la trama il cui filo narrativo è in tutto e per tutto un clichè, anche se non uno dei più usati (giusto per fare qualche esempio: Pocahontas, Indio, Soldato blu) quello che colpisce è l'impatto e la forza visiva che Cameron mette nel film, roba da lasciarti con la bocca aperta e tenerti incollato alla poltrona per le oltre 2 ore che dura la proiezione; cosa che in 3D si nota molto di più, soprattutto perché gli effetti tridimensionali sono stati usati per le piccole cose, che quasi non si notano: le foglie spostate dal vento, la cenere che cade, alcuni effetti di profondità in certi dialoghi sono realizzati con tale cura da non risultare a meno di concentrarsi. Però mi domando: per ottenere la stessa qualità visiva era davvero necessaria la realizzazione degli effetti in 3 dimensioni?
La visione in 3D non è proprio una novità: ci avevano già provato con Lo Squalo 3-D, nei lontani anni '80 (sigh), ma per parecchio tempo era stato accantonato tutto; Ora, dato che di storie originali se ne vedono sempre meno, che sempre più spesso si traducono in film libri di (dubbio) successo, fumetti, videogiochi, che l'unico impulso davvero creativo viene dalle grandi case di animazione (digitale e non), per portare nuovamente la gente al cinema si è ripreso in mano quella tecnologia che 25 anni fa sembrava fantascienza; ma la mia impressione è che si possono ottenere gli stessi risultati senza necessariamente ricorrere al tridimensionale e Avatar, visto sia in maniera classica che con gli occhialoni, mi ha dato una dimostrazione tangibile del mio pensiero.
Una nota a parte la meritano Sigourney Weaver, sempre splendida e bravissima, Sam Worthington (nelle sue parti da umano), e Stephen Lang (il colonnello) per la grande profondità nell'interpretazione.
Nonostante la doppia visione, Avatar raggiunge soltanto le 3 Stelle.
mercoledì, febbraio 03, 2010
Si Ricomincia
Dopo una lunga pausa, eccomi di nuovo a voi, miei lettori, per riprendere ad annotare i miei pensieri sul mondo e non solo. Molto onestamente, mi è un po' mancata la voglia di scrivere, e mi sono fatto prendere da un periodo di pigrizia, nonostante abbia fatto e visto parecchie cose, ma ve ne parlerò nei prossimi giorni; non mi sono nemmeno dimenticato delle tradizioni, e anche quest'anno ho portato il giusto tributo al giorno del mio congedo, analizzando l'anno passato e ponendo i buoni propositi per l'anno in corso
Anno 2009: Giudicare l'anno appena trascorso si è rivelato molto più difficile di quanto pensassi, perché se per certi versi è stato quasi immobile, per altri mi ha dato tanto e ho imparato tanto; ho lavorato bene, ho conosciuto nuove persone, ho approfondito amicizie, ho scoperto una persona splendida, ho avuto buone cose dal basket e dal gioco di ruolo, ho cominciato a collaborare alla stesura di un fumetto, insomma è stato un anno pieno di belle cose... Eppure c'è qualcosa che non mi fa dire che è stato un anno positivo, l'impressione è che sia stato una routine, pieno di cose belle ma nessuna veramente esaltante, probabilmente perché tutte queste belle cose sono ancora in sospeso, stanno succedendo anche ora, e ancora non ne ho colto i frutti.
Anno 2010: Il 2010 è cominciato in altalena, con giorni buoni alternati a giorni pessimi, ma tutto sommato sta ancora andando bene, vedremo nei prossimi mesi che piega prenderà; francamente non so che chiedere ai mesi prossimi, se non le solite cose e i buoni propositi che riciclo di anno in anno sembrano sempre rimanere tali ogni anno (però rispetto a qualche anno fa sono migliorato), ma di una cosa sono sicuro: quest'anno devo affrontarlo con più coraggio, coraggio che spesso non ho, che ancora più spesso cerco e non trovo.
Sono un fifone, non ho problemi ad ammetterlo, e spesso mi nascondo; ho imparato che i problemi si affrontano, che scappare non serve perché ti inseguono e nel momento in cui ti fermi loro sono ancora lì, a tormentarti, ma per affrontarli bisogna avere la forza di guardarli negli occhi... e a volte questa forza mi manca. Finora mi è andata sempre bene, alla fine le cose sono sempre andate a posto, ma non posso impiegare mesi prima di affrontare una questione (anche spinosa); per questo ho deciso di farmi un po' di violenza e prendere gli avvenimenti di petto, senza esitazione, con coraggio e determinazione nell'affrontarli, so che non sarà facile ma è necessario, perché altrimenti il rischio sta nel farsi travolgere dagli eventi e non essere poi in grado di riprendersi.
D'altra parte la vita va affrontata con coraggio, ed è bene che cominci a farlo anch'io.
Anno 2009: Giudicare l'anno appena trascorso si è rivelato molto più difficile di quanto pensassi, perché se per certi versi è stato quasi immobile, per altri mi ha dato tanto e ho imparato tanto; ho lavorato bene, ho conosciuto nuove persone, ho approfondito amicizie, ho scoperto una persona splendida, ho avuto buone cose dal basket e dal gioco di ruolo, ho cominciato a collaborare alla stesura di un fumetto, insomma è stato un anno pieno di belle cose... Eppure c'è qualcosa che non mi fa dire che è stato un anno positivo, l'impressione è che sia stato una routine, pieno di cose belle ma nessuna veramente esaltante, probabilmente perché tutte queste belle cose sono ancora in sospeso, stanno succedendo anche ora, e ancora non ne ho colto i frutti.
Anno 2010: Il 2010 è cominciato in altalena, con giorni buoni alternati a giorni pessimi, ma tutto sommato sta ancora andando bene, vedremo nei prossimi mesi che piega prenderà; francamente non so che chiedere ai mesi prossimi, se non le solite cose e i buoni propositi che riciclo di anno in anno sembrano sempre rimanere tali ogni anno (però rispetto a qualche anno fa sono migliorato), ma di una cosa sono sicuro: quest'anno devo affrontarlo con più coraggio, coraggio che spesso non ho, che ancora più spesso cerco e non trovo.
Sono un fifone, non ho problemi ad ammetterlo, e spesso mi nascondo; ho imparato che i problemi si affrontano, che scappare non serve perché ti inseguono e nel momento in cui ti fermi loro sono ancora lì, a tormentarti, ma per affrontarli bisogna avere la forza di guardarli negli occhi... e a volte questa forza mi manca. Finora mi è andata sempre bene, alla fine le cose sono sempre andate a posto, ma non posso impiegare mesi prima di affrontare una questione (anche spinosa); per questo ho deciso di farmi un po' di violenza e prendere gli avvenimenti di petto, senza esitazione, con coraggio e determinazione nell'affrontarli, so che non sarà facile ma è necessario, perché altrimenti il rischio sta nel farsi travolgere dagli eventi e non essere poi in grado di riprendersi.
D'altra parte la vita va affrontata con coraggio, ed è bene che cominci a farlo anch'io.
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