Ci siamo. Ormai il destino di quella che è stata una delle prime compagnie aeree d’europa si sta compiendo, giungendo alla conclusione di un declino durano anni ed ormai irreversibile. Dovevo scrivere questo articolo a Maggio, quando il signor Spinetta si è ritirato dalla trattativa di acquisizione che Air France, interessata ad espandere il proprio “potere” in Europa, trattativa saltata per 2.500 esuberi e le parole del nostro amato Presidente Operaio (con la sua soluzione italiana), ed invece il mio pensiero arriva solo oggi, quando ormai siamo alle battute finali.
Che Alitalia fosse “malata” lo si sapeva da anni, la crisi degli anni ’90 aveva evidenziato i primi problemi per la compagnia ma all’epoca si era intrapresa una strada che poteva portare un risanamento dell’azienda ed una certa produttività: peccato che la fusione con KLM (che ora è inglobata nel gruppo Air France) si sia improvvisamente interrotta, lasciando la nostra compagnia con ben poco in mano, ed essenzialmente senza alcun salvagente alla successiva crisi del mercato aereo del dopo 11 Settembre 2001. Da qui la “malattia” si è aggravata, ma nessuno ha voluto riconoscerla, facendo finta che tutto andasse per il meglio, che il deficit fosse contenibile, che una ristrutturazione profonda di tutto l’organico non fosse categoricamente necessaria, e in questo viaggiare col paraocchi ci si sono messi tutti: Stato, dirigenza, sindacati, ognuno ha fatto la sua parte, aggravando sempre più lo stato delle cose, incapace di rispondere all’avvento delle compagnie Low-cost, di mantenere la qualità dei voli alta, di offrire un servizio paragonabile alle altre compagnie di bandiera europee (con le quali si è sempre confrontata).
Ora siamo di fronte ad un malato in fase terminale, stiamo assistendo all’agonia giorno dopo giorno di un’azienda che ha trasportato milioni di italiani per l’Italia e il mondo: il prestito di 300 milioni di euro che lo Stato ha dato ad Alitalia (soldi presi dagli stanziamenti per la ricerca scientifica) è l’ultima dose di morfina data per attutire il male: la cordata italiana messa in piedi dal Nano maledetto è giusto un modo per salvare la faccia di fronte agli elettori, dopo aver promesso di “salvare la compagnia di bandiera con una soluzione nazionale”, soluzione che porta inevitabilmente all’abbattimento del malato.
Sinceramente era da (s)vendere ad Air France, il piano di Spinetta quantomeno avrebbe salvato il nome ed un buon numero di voli, anche se qualcuno (per la precisione Malpensa e gli esuberi) ci avrebbe rimesso, ma la trattativa era ancora lunga, con una buona mediazione si sarebbe giunti ad un buon accordo per tutti; la soluzione italiana invece parla di 4.500 esuberi (ma si era detto anche 7.000), la riduzione a 153 velivoli e la rinuncia alla maggior parte delle rotte intercontinentali e internazionali, la rinuncia ad avere un Hub (da 2,di cui uno mal utilizzato, a zero), oltre ad una fantomatica fusione con AirOne (che ha fatto la propria fortuna con la partnership Lufthansa) e la limitazione dei voli da Linate solo ed unicamente per Roma (come se la CAI possa decidere il futuro e l’utilizzo di un aeroporto che non le appartiene), il tutto creando una “bad company”, ossia una società su cui riversare tutti i passivi accumulati da lasciare allo Stato (che di fronte al buco nero di bilancio, non potrà far altro che dichiarare il fallimento… o far pagare ai contribuenti il ripiano…), sempre che i sindacati non facciano muro (come è stato per Air France), il che porterebbe ad una sola, tragica, conclusione: la bancarotta.
mercoledì, settembre 10, 2008
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